Capitolo XIV : la Forza della Vita.
Assuso e morbidamente sprofondato nella seduta calda della sua poltrona, quasi avvolto totalmente all’interno della vestaglia in taftà, si confondeva tra i velluti damascati della preziosa tappezzeria e degli arazzi alle pareti, facendolo diventare l’elemento di spicco del posto dove stava.
Nel gioco di questi riflessi traslucidi e ambrati, la luce del camino intonava i suoi pensieri che lo trasfiguravano nel Pensatore di Roden posto a guardia sopra la Porta dell’Inferno.
Così, egli tiepidamente giaceva e tutto intorno a lui sembrava, in quella notte di quell’inverno riportarlo al limbo che lo aveva partorito.
La poltrona, posta davanti all’ampio caminetto vittoriano, troneggiava al fuoco crepitante dai riflessi d’orati. Tutto era tinto di una luce fievole ed ondeggiante.
Il Dottor Site, scostò il capo che gli faceva ombra sul foglio imbastito d’inchiostro nero.
Il tavolino di fianco a lui era ricoperto di briciole di tabacco che insieme allo scovolino ed al borsello in pecari porta-tabacco, gli davano un senso di compagnia in quelle serate solitarie.
Il fumo della pipa appoggiata sul tavolino, di tanto in tanto, lo avviluppava in una nebbia profumata alla ciliegia che, ad ogni riportar di tempo, lui ne assaporava la morbidezza orientale in quel fumo che faceva d’apprima, illuminare di rosso il caminetto di spuma bianca della pipa e poi, far uscire dei candidi fantasmi dalla bocca.
Ombreggianti ed evanescenti sagome sui muri, apparivano alla cameriera Marghert, nel prospiciente tinello, come folletti pacificatori dei suoi viandanti pensieri verso il padrone.
L’atmosfera morbida e meditativa di quell’alcova del pensare delicato, era a malapena rotta dai tacchi di Margaret che sparecchiava la tavola della cena appena consumata.
Quel suo pendolante andirivieni, consolava Site, nel suo rimembrare melanconico.
Di li a poco Site, cadde nelle braccia di Morfeo ed il sonno pareva essere sempre più un profondo. Stranamente l’uomo non sognava mai, ma quel che gli appariva davanti sembrava esser una schiera di alunni, già in là tutti con l’età, seduti a cerchio sotto di lui e lui dal culmine immaginario di quel cono, parlava a loro da ogni direzione.
I più anziani di questi, erano seduti in alto e raccontavano di conoscere i segreti dell’interazione e di esser capaci di trarre benefici di lunga vita tramite linguaggi matematici.
Egli, allora, dall’alto del suo punto stabile, prese parola. Ma. Ben presto si accorse che quegli alunni no lo stavano ad ascoltare perché già immersi in un altro insegnamento di un essere che lui sapeva essere identico a lui, ma sconosciuto e sicuramente più antico, quasi primigenio. Questo, guardando la luna, continuava con voce tonante a enunciare i suoi assunti, e le cose che lui insegnava riempivano ed ammaliavano in quella notte gli astanti, con una atmosfera misteriosa ed inquieta.
All’avvicinarsi di una falena dalla notte corvina, Site si accorse che le domande degli alunni si materializzavano nel cielo stellato, composte proprio dalle stesse stelle che muovendosi componevano la domanda degli alunni oracoli:- “Siamo qui per ascoltarvi. Insegnateci qual è il segreto per giungere al successo di ogni cosa per ammaestrare così la vita.”
Egli alzo lo sguardo al cielo e la luna tinse il suo sguardo di luce, e quasi come fosse in una agorà ellenica, prese ad insegnare dalla sua immagine traslata difronte a se stesso:
– “Quando nella notte persa nei tempi i’ venni ad essere, giunse a me d’altro focolare ch’io di prima ch’esistessi. Rendendo forza, attrassi a me ciò di cui ora io mi compongo. L’essenza stessa è forza attrattiva e io la manipolo procedendo in essa, così io mi rivelo al fine di evolvere verso ciò che mi è totalmente ignoto. Come stella dei marinai i’ mi conduco da solo nei meandri dove lui mi percepisce per raggiungere il debutto di una nuova azione creativa. E lui, mi racconta per ciò che io vivo nei miei pensieri che di poi vengono a manifestarsi.”
L’altro, in da quel punto tronale, iniziò a parlare di campana all’altro:
<< Da piccolo mi indottrinarono con la Parola dell’Universale che i suoi Reggenti divulgavano a voce e nei loro scritti che il Seme cresce bene nel terreno fertile se costantemente innaffiato.
Ma purtroppo io non ero quel seme e tutto questo mi faceva stare male dentro di me perché sentivo di non meritare quella roccia dura e arsa della mia vita.
Tutto intorno a me, intanto, mi faceva pensare che esistevano degli “Eletti” baciati dalla fortuna che avevano chi li innaffiasse e li adagiasse su di un terreno leggero e fertile e che questi “Eletti” avevano ciò che era giusto che avessero e lo avevano perché un Universale glielo aveva concesso per diritto di nascita.
Ma in un tempo di estrema difficoltà quando tutto ciò ormai sembrava volgere al termine e la paura attanagliava i miei pensieri, presi la decisione di andare in luogo sperduto, quasi dai molti sconosciuto nella terra delle Domus de Janas in seno alla Dea Madre a Tiscali.
Qui a TiscaliI incontrai la forza della Realtà!
Questo Lentisco! Che dimostra, in culo al mondo; che la vita non arretra, il coraggio può dimostrare la sua forza anche contro un terreno sfavorevole come la roccia più dura per il seme, ma il seme se è forte cresce si sviluppa e può diventare più grande della sua stessa forma originaria.
Come questo mio mito! Un Lentisco grande in modo sproporzionato che spacca la roccia e vive quasi totalmente senza acqua.
Pochi sanno che TISCALI è uno stomaco nella montagna in Sardegna, dove al suo interno vivono Persone e Cose meravigliose.
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