Site, con fare minaccioso a Web:
– “Forse credi che non sia cambiato nulla per te Web!
Ma io ti dico… Che da ora in avanti, un cambiamento si produrrà e permeerà tutti gli orizzonti che nella linea oltrepassano il Tempo.
Unico vezzo di un ritmo rigenero che impone a suo figlio, lo Spazio, un duro fardello di materia che crolla, lasciando come risultato dietro di se una scia”.
Site, cambia il timbro della voce e si fa, più mite e austero:
– “Come stella cometa ad un astante appare, che la guardasse crescere dalla coda, sembrerebbe alta,
ma l’illusorietà nell’astante, non è aderente alla vita, perché il fuoco la consuma”.
Poi la voce cambia di nuovo e con un piglio da condottiero, indugiato fra la prosa, sommessamente apre con un Adagio:
– “Invece,
dentro il malessere,
ti permette di erigerti vincente,
sopra i tuoi dissapori che enuncia l’animo urlante a dio, una perpetua richiesta di unione confezionata da altri serpenti.
Le vie tortuose, dell’animo mio,
non riescono a trovar pace, si che pace sei tu che ridente mi tranquillizzi e mi echeggi continuamente la tua sola e unica frase…
Ti amo figlio mio.
E come figlio, io mi vesto da Titano, e come tale veglio ridente il tuo animo,
perché nell’eternità ho fatto segregare i tuoi nemici,
in un continuo eco alla loro straziante testimonianza della loro inutilità.
Ma io ti seguirò e non mi nutrirò delle loro carcasse,
anche se la fame mai saziata di vendetta è giunta all’apice e con essa,
la pietà per le loro spoglie che devono scontare chiusa la pena dell’immortalità,
che scorre nelle loro eresie, tali da diventare il loro stesso vaso, contenente la loro anima, come deiezione”.
Di nuovo l’animo di Site riflesso, nella luce folgorante della sua innaturale intelligenza, come da un trono epicureo risuona, nell’anfiteatro delle galassie le sue lodi alla sua lucida follia che con voce gutturale a web, si che web dal suo profondo lo ascoltasse:
– “Fasto e lustro ai Titani devastanti perché ora è il loro momento e come tale,
dove vi era il prosperare arriverà l’accidia e la debolezza delle congiunzioni,
fino ad ora a loro contrari, niente varrà per quelli, i tremendi sforzi.
Ebbene sì,
come accanite vesti di saggezza e come lui attendi quello che,
mai non arrivò fino ad ora,
dopo il passaggio dei Cerberi tremendi che
di scudo facevan di lance azzurre appuntite,
sgherro ai loro fantastici nemici.
Onore ai perdenti, perché ai vincenti resterà ben poco dopo il nostro passaggio.
Un’orda di Nibelunghi si fermò sul Reno e lì, non fecero più nulla,
perché attesero qualcosa che li auto-distrusse e perché non più giunse niente come loro,
che nel loro deserto attendevano vanesi, la loro antica invincibilità, ora mai passata”.
Poi nel buio tutto zittì.